Omelia del 13 Novembre 2018: Vangelo e Parola del Giorno

Omelia del 13 Novembre 2018: Vangelo e Parola del Giorno

PAROLA DEL GIORNO


Dalla lettera di san Paolo apostolo a Tito

Tt 2,1-8.11-14

Carissimo, insegna quello che è conforme alla sana dottrina.

Gli uomini anziani siano sobri, dignitosi, saggi, saldi nella fede, nella carità e nella pazienza. Anche le donne anziane abbiano un comportamento santo: non siano maldicenti né schiave del vino; sappiano piuttosto insegnare il bene, per formare le giovani all’amore del marito e dei figli, a essere prudenti, caste, dedite alla famiglia, buone, sottomesse ai propri mariti, perché la parola di Dio non venga screditata.

Esorta ancora i più giovani a essere prudenti, offrendo te stesso come esempio di opere buone: integrità nella dottrina, dignità, linguaggio sano e irreprensibile, perché il nostro avversario resti svergognato, non avendo nulla di male da dire contro di noi.

È apparsa infatti la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini e ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà, nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo. Egli ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formare per sé un popolo puro che gli appartenga, pieno di zelo per le opere buone.


VANGELO DEL GIORNO


Dal Vangelo secondo Luca

Lc 17,7-10

In quel tempo, Gesù disse:

«Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, stringiti le vesti ai fianchi e servimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti?

Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».


PAROLE DEL SANTO PADRE


Servo ma libero, figlio e non schiavo: è questo l’aspetto dell’identità del cristiano approfondito da Papa Francesco nell’omelia della messa celebrata a Santa Marta […].

Punto di partenza della riflessione è stato il brano del Vangelo di Luca (17, 7-10) nel quale Gesù afferma: «Siamo servi inutili». Ma cosa significa questa espressione?

Per aiutare la comprensione, il Pontefice ha attinto da un altro elemento della liturgia quotidiana, la preghiera della colletta, nella quale, ha ricordato, «abbiamo pregato chiedendo tre grazie», ovvero: «Allontana, Signore, ogni ostacolo nel nostro cammino verso di te, perché nella serenità del corpo e dello spirito possiamo dedicarci liberamente al tuo servizio». Un’orazione nella quale sono riassunti i passi necessari per raggiungere la giusta dimensione del servizio, che è quella di essere «servi inutili».

Innanzitutto, ha detto il Papa, «la prima cosa che abbiamo chiesto è che il Signore allontani gli ostacoli, per servirlo bene, per servirlo liberamente, come figli». Dei tanti ostacoli che un cristiano può trovare sul suo cammino e che «impediscono di diventare servi», se ne possono ricordare almeno due. Uno è, sicuramente, «la voglia di potere». Una difficoltà comune, che si incontra facilmente nella vita quotidiana: quante volte, ha esemplificato Francesco, «forse a casa nostra» c’è chi dice: «Qui comando io!», o quante volte, anche «senza dirlo», abbiamo fatto sentire agli altri questa nostra «voglia di potere»? Invece Gesù «ci ha insegnato che colui che comanda diventi come colui che serve» e che «se uno vuole essere il primo, sia il servitore di tutti». Gesù, cioè, «capovolge i valori della mondanità, del mondo».

Ecco perché la voglia di potere «non è la strada per diventare un servo del Signore, anzi: è un ostacolo, uno di questi ostacoli che abbiamo pregato il Signore di allontanare da noi».

C’è poi un altro ostacolo, che si può riscontrare «anche nella vita della Chiesa», ed è «la slealtà». Lo incontriamo «quando qualcuno vuol servire il Signore ma anche serve altre cose che non sono il Signore». Eppure, ha ricordato il Pontefice, Gesù «ci ha detto che nessun servo può avere due padroni: o serve Dio o serve il denaro». E la slealtà, ha sottolineato, «non è lo stesso di essere peccatore». Infatti «tutti siamo peccatori, e ci pentiamo di questo», ma essere sleali è «come fare il doppio gioco». E questo «è un ostacolo». Quindi, «quello che ha voglia di potere e quello che è sleale, difficilmente può servire, diventare servo libero del Signore».

Proseguendo lungo il filo della meditazione, il Papa è passato alla seconda parte della colletta. Dopo aver chiesto al Signore di allontare gli ostacoli, la preghiera prosegue: «… perché — seconda domanda — nella serenità del corpo e dello spirito» possiamo dedicarci al servizio. La seconda parola chiave è, quindi, «serenità», cioè «servire il Signore in pace». Ha infatti spiegato Francesco: «Gli ostacoli — sia la voglia di potere, sia la slealtà — tolgono la pace e ti portano a quel prurito del cuore di non essere in pace, sempre ansioso, male… senza pace». Un’insoddisfazione «che ci porta a vivere in quella tensione della vanità mondana, vivere per apparire». Così si vede tanta gente che «vive soltanto per essere in vetrina, per apparire, perché dicano: “Ah, che buono che è…”, per la fama, fama mondana». Ma così «non si può servire il Signore». Ecco dunque che «chiediamo al Signore di togliere gli ostacoli perché nella serenità, sia del corpo sia dello spirito» — e qui passiamo al terzo elemento — possiamo «dedicarci liberamente al suo servizio».

È «libertà» la terza parola chiave. Perché, ha detto il Papa, «il servizio di Dio è libero: noi siamo figli, non schiavi. E servire Dio in pace, con serenità, quando lui stesso ha tolto da noi gli ostacoli che tolgono la pace e la serenità, è servirlo con libertà». Non a caso, ha aggiunto, «quando noi serviamo il Signore con libertà, sentiamo quella pace ancora più profonda». Ed è come risentire la voce del Signore che dice: «Vieni, vieni, vieni, servo buono e fedele!». Per far questo, però, «abbiamo bisogno della sua grazia: da soli, non possiamo». Ma, ha precisato il Pontefice, non è che quando «noi arriviamo a questo stato di servizio libero, di figli, con il Padre, possiamo dire: “Siamo buoni servitori del Signore”». Piuttosto va detto semplicemente «servi inutili». Espressione che vuole indicare «l’inutilità del nostro lavoro: da soli, non possiamo». Perciò, ha spiegato Papa Francesco, dobbiamo soltanto «chiedere e fare spazio» affinché Dio «ci trasformi in servi liberi, in figli, non in schiavi».

Da qui la preghiera conclusiva: «Che il Signore ci aiuti ad aprire il cuore e a lasciare lavorare lo Spirito Santo, perché tolga da noi questi ostacoli, soprattutto la voglia di potere che fa tanto male, e la slealtà, la doppia faccia», e ancora «ci dia questa serenità, questa pace per poterlo servire come figlio libero che alla fine, con tanto amore» dice al Signore: «Padre, grazie, ma tu sai: sono un servo inutile».

(Santa Marta, 8 novembre 2016)


One thought on “Omelia del 13 Novembre 2018: Vangelo e Parola del Giorno

  1. Tristemente scrivo che personalmente con tutti i miei limiti umani, ho cercato di vivere le esortazioni che S. Paolo comunica per avere “buona vita”, risultato nelle realta’ di un mondo verso il degrado?
    sono una rompi——–chi mi credo di essere ? attaccare, diffamare–
    E non si e’ ancora capito che il non vivere quegli insegnamenti, il giustificare tutto a proprio uso e consumo, il permissivismo a portato al degrado in cui viviamo oggi, stiamo andando sempre piu’ in basso, leggere giornali vedere TG di piu’ emittenti, forse ci si SVEGLIA—–
    Verso il nostro Creatore siamo “servi inutili”,
    nel mondo l’insegnamento e’ per svolgere le nostre mansioni, personali, familiari sociali con serieta’, professionalita’, dignita’-RESPONSABILMENTE-servi l’uno dell’altro, tutti utili-tutti————-Ivana Barbonetti

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